“Stiamo perdendo, al diavolo l’esercito”. Le telefonate a casa dei soldati russi

“Stiamo perdendo, al diavolo l’esercito”. Le telefonate a casa dei soldati russi
© Kirill Kudryavtsev / AFP - Soldati russi in Ucraina

Il New York Times ha pubblicato alcune conversazioni private tra i militari e i loro parenti a casa dove emergono i fallimenti sul campo di battaglia, le atrocità di alcune esecuzioni di civili e le critiche rivolte a Putin a poche settimane dall’inizio della campagna per conquistare Kiev

“Ciao mammina, siamo nella città di Bucha”, scrive Evgenij, “Siamo in una situazione di stallo, perderemo questa guerra”, aggiunge Sergey. “Metà del nostro reggimento è distrutto”, sottolinea Andrej. “Ci hanno dato l’ordine di uccidere tutti”, dice un secondo Sergey. “Quando ritorno a casa voglio smettere. Al diavolo l’esercito”, scrive invece Vlad mentre Alexandr confessa: “Putin è uno stolto. Lui vuole prendere Kiev, ma non c’è modo di poterlo fare”.

Sono, queste, alcune delle telefonate a casa ad amici e parenti dei soldati russi che hanno fornito prove circa i loro fallimenti sul campo di battaglia e anche delle esecuzioni dei civili, criticando il loro leader a poche settimane dall’inizio della campagna per conquistare Kiev, secondo quanto riporta il New York Times in un ampio servizio.
Secondo il quotidiano americano dalle trincee, dai rifugi e dalle case occupate intorno a Bucha, “i soldati russi hanno disobbedito agli ordini e hanno fatto delle chiamate non autorizzate dai loro cellulari a mogli, fidanzate, amici e genitori in gran numero dalla prima linea”. “La capitale ucraina doveva cadere nel giro di pochi giorni” scrive il Times, ma “afflitto da errori tattici e dalla feroce resistenza ucraina, l’avanzata distruttiva del presidente Putin si è rapidamente bloccata e le sue forze si sono impantanate per la durata della maggior parte del mese di marzo alla periferia della città”.

Il Times ha ottenuto le registrazioni in esclusiva dalle forze dell’esercito ucraino che le ha intercettato le conversazioni per tutto il primo mese di guerra. “I giornalisti hanno verificato l’autenticità di queste chiamate – scrive il giornale – incrociando i numeri di telefono russi con le app di messaggistica e i profili dei social media per identificare soldati e familiari” e ci sono voluti “quasi due mesi per tradurre le registrazioni, che sono state modificate per motivi di chiarezza e lunghezza”, avverte la testata newyorkese.

Nel corso delle telefonate fatte da “dozzine di soldati delle unità aviotrasportate della Guardia nazionale russa”, i soldati del 331° reggimento “si lamentano di errori strategici e di una grave carenza di rifornimenti”, confessando “di aver catturato e ucciso non combattenti”, cioè civili, e ammettono apertamente “di aver saccheggiato case e aziende ucraine”. Secondo il Times, molti di loro dicono anche di “voler rescindere i loro ingaggi militari e mettono in discussione la propaganda trasmessa dai media russi con la cruda realtà della guerra che li circonda”.

Per il giornale, insomma, a due settimane dall’invasone “i soldati sembrano già rendersi conto che Kiev non è a portata di conquista” e “che la strategia militare sta fallendo” esprimendo sorpresa per le capacità “professionali” delle forze ucraine. Un soldato di nome Yevgeniy, riferisce il Times, “ dice senza mezzi termini: ‘Stiamo perdendo’”.

AGI

 

Redazione Radici

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