Benvenuti ad Amburgo, Cina
Benvenuti ad Amburgo, ridente cittadina cinese, cuore economico della locomotiva d’Europa, dotata di uno dei porti più grandi e importanti del continente. Il terzo, dopo Rotterdam e Anversa, per volume di merci in Europa.
Qualcuno potrebbe obiettare che Amburgo sia in realtà una città tedesca e non cinese. È vero, ma da ora in poi ci sarà “tanta Cina” ad Amburgo dato che Olaf Scholz, cancelliere federale, ha concluso, prima di recarsi in solitaria a Pechino, la vendita del 25% delle quote del porto alla Cosco, azienda statale cinese che si occupa di porti – ne controlla quasi 400 nel mondo – e container.
Inoltre, dopo questa vendita che ha suscitato ovvie e grandi polemiche anche da parte di due (su tre) partiti di governo – Verdi e liberali – Scholz vuole autorizzare anche la vendita di Elmos, azienda che produce il 90% dei microchip delle auto tedesche, alla concorrente Silex, controllata al 100% dalla cinese Sai Microelectronics.
Non si comprendono i motivi legati alla scelta di Scholz e soprattutto non si riesce a capire come abbia superato la contrarierà di una parte abbastanza consistente della maggioranza di governo, dei servizi segreti e del Ministero dell’Economia. Il porto e l’azienda rappresentano due eccellenze della Germania, e la loro vendita significa la penetrazione cinese in asset strategici non solo tedeschi ma europei.
Ciò che più sorprende, nelle scelte del cancelliere, è che sembrino confliggere con le indicazioni dell’Unione Europea. Durante la pandemia, tante potenze del continente hanno infatti sofferto per i colli di bottiglia nei flussi commerciali con l’Asia, maturando la consapevolezza che servisse diminuire la dipendenza da Pechino. Olaf Scholz ha deciso di fare da solo, senza consultare qualcuno, tanto che in questi giorni si è recato da solo a Pechino.
L’accordo sino-tedesco per la cessione a Pechino di una fetta del porto di Amburgo non solo consentirà alla compagnia cinese Cosco di acquisire una quota significativa del settore container del porto, ma segna il terzo punto della strategia portuale cinese che, dopo Pireo (Grecia) e Trieste, sbarca ad Amburgo.
Quel 25% del porto in mani cinesi permetterebbe a Pechino, in un momento in cui la BRI – la Nuova Via della Seta, progetto geopolitico cardine della Cina di Xi – registra parecchie difficoltà in altre zone del pianeta (es. Asia centrale e Balcani), di distendere ulteriormente la strategia infrastrutturale legata ai porti: il che non equivale soltanto a merci, ma evidentemente anche (e soprattutto) a legami, contratti e influenze, anche future.
Il leader della SPD avrebbe rassicurato tutti dicendo che nel contratto sono state poste condizioni molto severe come l’impossibilità di aumentare la quota cinese in futuro, e l’impossibilità di nominare i propri rappresentanti nel consiglio d’amministrazione. Ma nessuno nessuno vieta Cina e Germania di rivedere l’accordo in futuro…
Ma per quale motivo Scholz ha scelto di svendersi ai cinesi? Alcuni ritengono per una questione di politica commerciale: l’investimento potrebbe spingere le navi di Pechino a fare scalo nel porto tedesco e non in quelli degli altri paesi del Nord Europa, come Belgio e Olanda.
Ma se per alcuni una mossa del genere potrebbe rappresentare una sorpresa, per altri non lo è per niente. Scholz sta seguendo la strada tracciata da Angela Merkel, la quale aumentò esponenzialmente l’export tedesco – dall’1% del 1999 al 9% del 2020 – in Cina creando un legame commerciale dal valore di 142 miliardi di euro. Il cancelliere della Germania vuole proseguire questa strada, ritenendo il rapporto commerciale con la Cina un pilastro della sua politica estera. A Pechino tutto ciò conviene, perché aumenta l’interdipendenza delle due economie, allontanando il fantasma dello “sganciamento” economico UE-Cina.
Dall’altra parte dell’oceano, gli americani osservano preoccupati il doppiogiochismo di Scholz, impegnato a tenere un piede in due staffe, e temono, a ragione, un indeboilmento del fronte occidentale in un momento delicatissimo.
Bruxelles per ora non si esprime. Prima o poi, però, toccherà fare i conti con la realtà. La Germania sta commettendo gli stessi errori del passato e, per giunta, senza la stessa leadership di un tempo. L’asse Parigi-Berlino si sta raffreddando sempre di più, perché Scholz ha deciso di fare da solo. Francia e Italia, così come le stesse istituzioni europee, faticheranno in futuro a fidarsi della Germania. L’unità europea è a rischio e, in un periodo come questo, non è certamente una buona notizia. Il futuro europeo assume tinte sempre più fosche.
Redazione Radici