Propositi per il 2023: che ne sarà della guerra in Ucraina?

Propositi per il 2023: che ne sarà della guerra in Ucraina?
Fonte immagine: Getty Images

di Donatello D’Andrea

Ogni anno, in corrispondenza degli ultimi giorni di dicembre, è buon uso tracciare un resoconto dell’anno appena trascorso e cercare di delineare speranze e obiettivi futuri per i successivi dodici mesi. Definiti “buoni propositi” e inseriti in una lista, tali aspirazioni finiranno al centro dell’ennesima riflessione alla fine del prossimo dicembre. Sulla scia di questa intramontabile tradizione, ho deciso di fare la stessa cosa ma utilizzando argomenti ricorrenti in politica, come l’ascesa della Cina, l’Unione Europea e il suo futuro, nonché l’annoso problema dei Balcani – che, negli ultimi giorni, è tornato alla ribalta a causa delle tensioni tra Serbia e Kosovo, anche se il gelo tra Ankara e Atene non è da sottovalutare – senza dimenticare quanto importante sia, per il futuro, quello che sta accadendo in Iran.

In questo ultimo articolo, di una brevissima serie di scritti che ho appositamente denominato “Propositi per il 2023”, ho deciso di occuparmi del più chiaro, ovvio e forse banale “proposito” per il prossimo anno: la guerra in Ucraina. Argomento che non si poteva tralasciare, data la sua importanza e la sua influenza sulle vite di ognuno di noi. Dal 24 febbraio tale conflitto accompagna le nostre vite giorno per giorno con conseguenza tangibili e non sulla nostra quotidianità. Dal gas alle armi, passando per i cambiamenti più importanti ma meno evidenti all’occhio comune inerenti la politica internazionale e il gioco delle grandi potenze.

Sono passati dieci mesi e, nonostante, in molti – me compreso – parlino di svolte e di momenti chiave che avvicinerebbero il termine del conflitto, sul campo di battaglia i soldati continuano a combattere. E a morire. E anche i civili ucraini non se la passano bene, al freddo e senza una casa.

Che ne sarà del conflitto nel 2023? A quando – e a quanto, cioè a che costo – la pace?

Difficile dirlo. Nonostante i segnali di una fine ci siano, ciò non toglie che gli strascichi di un conflitto possano durare più della guerra stessa, per non parlare delle conseguenze che possono trascinarsi per anni ed essere foriere di nuove tensioni. Il futuro è a tinte fosche, con una Russia che sta perdendo la guerra e la reputazione, e che ha deciso di finire sotto l’ombrello della Cina, facendosi declassare da seconda potenza militare del pianeta a mera “potenza regionale”. Una serie rovinosa di eventi che rendono davvero difficile prevedere il futuro e le mosse di tutti i giocatori in campo, Putin compreso.

Si dice che Zelenskyy stia lavorando ad una proposta di pace in dieci punti da presentare il prossimo 24 febbraio, ad un anno dall’inizio delle ostilità, ma non ci sono sufficienti motivi per credere che Putin l’accetterà e non ce ne sono nemmeno per credere che questi punti non siano l’ennesimo “colpo” del Presidente ucraino in campo comunicativo, per mettere distanza tra lui e la Russia in termini di “diplomazia”. Davanti all’opinione pubblica mondiale, le voci di entrambi i Presidenti hanno peso diverso, così come le rispettive richieste di mediazione.

Una cosa forse è certa. Il sostegno europeo e americano non può durare per sempre. E il viaggio del Presidente Zelenskyy a Washington è la prova di come ci sia stato bisogno di un viaggio per continuare a chiedere il supporto americano in questa guerra. I messaggi da Kiev non bastano più, per forza di cose le opinioni pubbliche sono portate a declassare un argomento ridondante e che si trascina da dieci mesi. Lo stesso discorso vale per l’Europa, dove c’è l’aggravante degli arsenali – come quello francese – che si stanno svuotando e le capacità produttive non potranno mai reggere il ritmo del “consumo ucraino”.

Cosa fare allora? Questa è una domanda difficile. Non c’è dubbio che gli ucraini debbano difendersi, ma la realtà dice anche che prima o poi un’altra soluzione andrà trovata. E cercata. Ma ciò non basterà per dissipare le nubi della guerra e dell’incertezza dai cieli europei e mondiali.

Redazione Radici

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