Baruffe di sangue blu

Baruffe di sangue blu

di Francesco Antonio Schiraldi 

Ormai da tempo la corte britannica è alle prese con i malumori causati dalle intemperanze del principe Harry e di sua moglie Meghan, non più inquilini delle residenze reali per vivere tra il Regno Unito e il Canada. I duchi del Sussex, titolo acquisito da Harry con il matrimonio, hanno rinunciato alla posizione di membri senior della famiglia reale, esentandosi anche dagli incarichi ufficiali imposti dal titolo. Hanno assunto posizioni apertamente conflittuali verso la Royal Family, cui componenti, nella versione letterale su tabloid e BBC, sono stati descritti very upset, molto irritati, in realtà furiosi nella traduzione più accreditata dalle maniere di corte al linguaggio corrente.

Le famiglie reali non sono nuove a questi fervori, facendo un salto nel tempo osserviamo come la scrupolosa conduzione della vita familiare da parte di Ferdinando II di Borbone, nella Napoli dell’Ottocento, non impedì che un tumulto domestico si trasformasse in un affare internazionale. Appena ventiseienne, proprio agli inizi del suo regno, Ferdinando fu coinvolto nelle traversie sentimentali del fratello Carlo, principe di Capua, folgorato da una giovane britannica a Napoli per turismo. Il nuovo sovrano oltre a interventi sul bilancio, aveva imposto alla vita di corte una sobria austerità. A tutto ciò faceva da scompenso il secondogenito tra i fratelli del re, ossia Carlo Principe di Capua.

Fin da piccolo Carlo si era rivelato un vero cruccio per il precettore di casa reale, Monsignor Olivieri, indulgeva nel biribissi, diffuso gioco d’azzardo, si impegolava in precoci avventure amorose. Il principe aveva predilezione per le inglesine che giungevano a Napoli in vacanza, tanto che le sue scappatelle amorose erano diventate un comico elemento di distensione, nella severa corte di Ferdinando II.

Nell’inverno del 1835 Carlo si era invaghito di Penelope Smyth, giovane britannica giunta a Napoli con la sorella e un’amica di famiglia. Come accaduto in passato, le sue attenzioni verso Penelope non sembravano serie, ma la passione questa volta ebbe il sopravvento. Il 12 gennaio 1836, giorno del ventiseiesimo compleanno del fratello, Carlo lo informò della sua intenzione di sposare la signorina Smyth, nonostante la disparità di rango. Si scontrò con lo spiccatissimo orgoglio di famiglia di Ferdinando, il quale non accettò la semplice idea di ciò che riteneva una mésalliance, un cattivo matrimonio. Tra i fratelli scoppiò un furioso litigio, il diniego fu però  irremovibile, Carlo si ritirò in preda ad una folle collera, la sera stessa raggiunse Penelope e lasciò in segreto Napoli.

La diatriba che vede oggi protagonisti gli Windsor non ha toni così accesi, tuttavia i duchi del Sussex hanno creato non poca agitazione nella famiglia reale. Sono clamorose le loro rivelazioni, un libro a firma di Harry annuncia contenuti scabrosi per la monarchia. Vicissitudini in pieno divenire e dagli esiti imprevedibili, invece è noto come proseguì lo scontro nella famiglia reale borbonica nella Napoli dell’Ottocento.

Con la sua fuga il principe di Capua avviò una tribolata vita d’esilio. Giunto in Inghilterra, si sposò con Penelope Smyth, nella località di Gretna Green dove era possibile unirsi in matrimonio senza troppe formalità. Il re Ferdinando, a questa notizia, non solo si rifiutò di riconoscere il matrimonio, ma al gesto di sfida del fratello rispose sequestrando tutte le sue proprietà.

Il principe Carlo, privo delle sue rendite, si trovò in difficoltà, ma si ostinò a tenere il punto. Nel luglio successivo, mentre il re era assente da Napoli, cercò di tornare nella capitale con Penelope. La regina madre, Maria Isabella di Spagna, era infatti dalla sua parte, tanto che fu inviato un messaggero a Vienna, dove si trovava il re, per scrutare le sue intenzioni. I termini per giungere ad un accordo comprendevano, però, il temporaneo esilio a Brünn, in Moravia, Carlo non accettò perché chiedeva di tornare con la moglie a Napoli.

Evidenti le traversie incontrate dal principe di Capua e consorte, specie in termini di ristrettezze economiche, traversie che non sono certo oggi condivise dai transfughi duchi del Sussex. Le attuali sostanze di Harry e Meghan, infatti, sono decisamente consistenti. L’eredità ricevuta dalla madre Diana Spencer e i fondi fiduciari lasciati ai nipoti dai reali bisnonni, nonché i lucrosi contratti televisivi, mettono Harry e consorte ben al riparo dal bisogno. I loro omologhi dell’Ottocento, invece, ebbero seri grattacapi da affrontare, ma alla coppia si presentarono inattese opportunità.

Henry John Temple, visconte di Palmerston e Ministro degli Esteri inglese, tramite la rappresentanza diplomatica, veniva puntualmente informato sugli eventi alla corte di Napoli. In questa occasione, Palmerston decise di schierarsi a favore del principe di Capua e della moglie, cittadina britannica, perché ciò agevolava taluni suoi piani politici. Gli inglesi avevano infatti notevoli interessi economici in Sicilia, legati soprattutto allo sfruttamento delle miniere di zolfo, elemento indispensabile per la fabbricazione degli esplosivi. L’obiettivo veroera però fare dell’isola un protettorato inglese, strategico al centro del Mediterraneo. Era forte invece la contrarietà di Ferdinando II, accettare la presenza degli invadenti inglesi avrebbe significato rinunciare alla Sicilia prima e poi all’intero regno. Il re inoltre intendeva porre fine alla concessione a canone irrisorio sullo zolfo, a causa diun contratto estorto da Londra in anni precedenti.

Indispettito dall’atteggiamento del giovane sovrano, il Governo di Londra avviò una violenta campagna diffamatoria nei confronti di Napoli e di Ferdinando II, dipinto come un tiranno spietato contro i suoi sudditi. Era però ipocrisia anglosassone, perché l’impero britannico adoperava aperta brutalità nelle colonie, oltre al pugno di ferro nei confronti dei sudditi irlandesi. Il visconte di Palmerston, in tale cornice, approfittò della diatriba familiare in casa Borbone per colpire l’odiato rivale napoletano. Ferdinando venne accusato di aver abbandonato il fratello, costringendolo a vivere a spese della moglie, ma si trascurava che in Gran Bretagna era in vigore un Royal Marriage Act che puniva con asprezza maggiore i matrimoni morganatici. A fronte delle ultime proposte giunte da Napoli per una pacificazione, Palmerston, diventato tutore della coppia in fuga, riuscì tanto a cavillare da provocare la chiusura delle trattative e il permanere del principe in una precaria posizione.

Torniamo ad oggi e ai ribelli duchi del Sussex, ebbene sorprende constatare come anche qui ci sia chi è pronto con vigore a schierarsi  con dalla loro parte, ma non per gretti interessi politici, bensì per più prosaiche ragioni di business. La stampa di costume e le reti televisive statunitensi hanno reso Harry e Meghan i protagonisti della scena pubblica. L’attesissimo volume in libreria di Harry, con le sensazionali rivelazioni annunciate, diventa la ciliegina sulla torta dell’incessante gossip internazionale. Difficile immaginare la conclusione di questa vicenda, se possa ricalcare quanto avvenne per i due testardi transfughi ottocenteschi.

Il principe di Capua e Penelope Smyth, infatti, continuarono nel loro travagliato esilio, l’affidamento sul visconte di Palmerston si era rivelato illusorio, il ministro si era servito della contesa familiare solo per screditare il re di Napoli. Quando Palmerston, stanco dell’assillo, affidò Carlo alle cure del Governo piemontese, il tenore di vita del principe di Capua non mutò. Con gli eventi del 1860 e la fine del Regno delle Due Sicilie, Carlo di Borbone perse ogni speranza di recuperare le sue proprietà siciliane, incamerate insieme alle rendite da Garibaldi al suo arrivo nell’isola.

Harry e Meghan, invece, oggi cominciano a contare gli introiti milionari del best seller steso dal duca del Sussex, diventato la gallina dalle uova d’oro dell’editoria statunitense

Francesco Antonio Schiraldi

Redazione

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