Il discorso alla nazione di Vladimir Putin
Ieri mattina, il Presidente della Federazione russa, Vladimir Putin ha tenuto un discorso a reti unificate alla Duma, il Parlamento russo.
Il discorso era molto atteso, perché si credeva che il Presidente avrebbe fatto qualche grosso annuncio circa la guerra in corso. Chi lo attendeva per questo motivo, probabilmente è rimasto deluso.
Cosa ha detto Putin e, soprattutto, cosa ha voluto comunicare con il suo discorso alla nazione?
Innanzitutto non ha parlato di nessuna escalation nucleare, come qualche sedicente analista ha detto ieri sera in televisione.
Quello che emerge in modo più evidente dalle sue parole è che non si tratta più di un’operazione militare speciale bensì di una guerra vera e propria. Una guerra preventiva contro l’Occidente e la NATO, che avevano deciso di invadere il Donbass usando l’Ucraina.
Altro dettaglio importante è che Mosca ha deciso di ritirarsi da un trattato, il “New Start”, per la riduzione delle armi nucleari. Non consentirà più le ispezioni dell’Occidente. Niente di nuovo, comunque, da tempo non le permetteva più. In più il ministro Lavrov ha in qualche modo mitigato le affermazioni del Presidente, parlando di una sospensione e non di un’uscita definitiva.
Ovviamente non mancano dei complotti, che vedono al centro il “cattivo Occidente” e i neonazisti ucraini che si scagliano contro le popolazioni libere della Russia, così come non manca – anzi, si intensifica – la narrazione che vede la Russia di Putin come baluardo nella difesa valori tradizionali. Un passaggio sottovalutato ma potenzialmente importante per comprendere dove vuole posizionarsi la Russia, in assenza di alleati sul fronte occidentale – quelli su cui aveva più investito.
In opposizione ai principi culturali imperanti in occidente, la Russia si fa paladina della tradizione. Qui, sorge un dubbio: è davvero conveniente, per noi occidentali, lasciare il monopolio della difesa della tradizione alla Russia?
Questo passaggio è stato uno dei più commentati e “apprezzati” del discorso del Presidente fuori dalla bolla mediatica occidentale. Putin fa leva sugli aspetti più controversi della globalizzazione e del capitalismo di stampo occidentale, richiamando un nuovo “puritanesimo ideologico” che fa della tradizione e dei valori, come la famiglia, un baluardo contro quell’internazionalizzazione mai digerita dai quei Paesi che la globalizzazione ha ancor di più marginalizzato. Scontro tra civiltà portato all’estreme conseguenze.
Per il resto, il discorso di Vladimir Putin si caratterizza, più che per le parole, per la “cinematica”, roboante nelle forme che nei contenuti. L’architettura del discorso ricalca benissimo la cinematica nazista e sovietica, efficace nelle cerimonie e priva di contenuti. I problemi interni ci sono e, paradossalmente, provengono dai ministeri e dall’esercito, con quest’ultimo ai ferri corti con Wagner, gruppo sempre più potente.
Mosca vuole mettere in mostra la sua forza, rivolgendo un messaggio sia all’interno, sotto forma di lusinga, che all’esterno, sotto forma di minaccia. L’impressione è che voglia trasformare – e abbia trasformato, almeno per l’opinione pubblica interna e per coloro che sono vittime dell’efficace propaganda esterna – in una guerra di difesa, così da replicare la Grande guerra patriottica del secondo conflitto mondiale. Le condizioni, però, sono totalmente diverse, così come il contesto. Sul campo muoiono russi e ucraini, fratelli sulla carta ma nemici di fatto. E così Putin rievoca il complotto internazionale, nel tentativo di cambiare le carte in tavola ad un anno dallo scoppio della “denazificazione” di Kiev.
Insomma, come ogni messaggio di Putin da un anno a questa parte, ci sono indicazioni dirette verso l’interno e l’esterno. I complotti mirano a confermare le tesi dei sostenitori della propaganda esterna del Cremlino, mentre dall’altro lato si fa necessario il risveglio del nazionalismo russo, nella speranza che torni utile come negli anni ‘40.
Redazione Radici