Ascoltare o non ascoltare. Questa la differenza, o meglio, la distanza

Ascoltare o non ascoltare. Questa la differenza, o meglio, la distanza
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di Francesca Girardi 

C’è un’azione che spesso si dà per scontato: ascoltare. E ce n’è un’altra molto simile, sebbene sia un’azione che arriva più in profondità: saper ascoltare. Ecco, quando si è capaci di ascoltare l’altro, quando lo si incontra nel dialogo e avviene il raffronto con le sue parole che non si fermano a mezz’aria come suoni fonetici, ma raggiungono e smuovono consapevolezza, allora il saper ascoltare accende un pensiero.

L’ascolto è interazione, è modalità di avvicinarsi a chi ci sta intorno, e non solo. È il codice, è una sorta di login – se vogliamo esprimerci con il linguaggio contemporaneo – attraverso cui decidiamo di accedere all’unicità dell’altro.

Alla domanda “Ascolti chi hai di fronte?”, facilmente avremmo molte, anzi, solo, risposte dall’esito positivo.

È davvero così? O forse dovremmo chiederci “siamo davvero capaci di ascoltare?”.

Ascoltare non è una convenzione, una risposta a regole di buon comportamento, di buona educazione. Quante volte sembra che l’interlocutore non presti attenzione, per poi a sorpresa richiamare un concetto o una frase pronunciata. Eppure, mentre si dialogava, l’atteggiamento mostrato non era composto, non era rimasto immobile ad ascoltare; alle volte, l’immobilità viene confusa con l’ascolto.

Credo che con le nuove generazioni talvolta accada questa confusione: i ragazzi sono dinamici, non stanno fermi, sono lo specchio del movimento sociale che li fa sembrare disattenti, ma le loro orecchie sono allerta, sempre aperte a captare i suoni linguistici che li raggiungono nel profondo.

Ascoltare non è rimanere immobili con gli occhi rivolti al viso dell’interlocutore, annuire perché se si fa così si mostra compostezza che, ancora una volta, è sinonimo di un comportamento. L’essere educati e rispettosi di certo appartiene e contribuisce al vivere civile, però l’ascolto deve mostrare altro.

Ascoltare è movimento, è avvicinarsi; l’immobilità è la vera prigione.

Ascoltare non è sinonimo di un atteggiamento convenzionale, ascoltare è un modo di essere.

E vorrei proporre un breve racconto scritto qualche tempo fa per narrare un’osservazione attorno al verbo “vedere” e declinabile anche al verbo “ascoltare”, per ritagliare una parentesi di riflessione in questa società  forse apparentemente attenta, densa di dialoghi che, tuttavia, lasciano sempre una distanza, seppur breve, che alimenta la fragilità di un ascolto reciproco.

VORREI RACCONTARE DI DUE TARTARUGHE

Due tartarughe camminavano lungo un sentiero, una davanti e l’altra dietro. A un certo punto la tartaruga che procedeva per prima chiese alla compagna che la seguiva: “Mi vedi?”. 

“Sì, certo. Vedo la tua grande casetta” rispose quella dietro. 

“Ti ho chiesto se mi vedi” ripeté la tartaruga davanti.

 “Sì, certo. Vedo la tua grande casetta” ripeté la tartaruga che era dietro, questa volta alzando un poco la voce.

Proseguirono il cammino.

Dopo qualche tempo, la tartaruga che era davanti chiese nuovamente: “Mi vedi?” e quella dietro rispose: “Sì. Non preoccuparti, vedo la tua casetta”.

Proseguirono.

Dopo qualche tempo, la tartaruga che era dietro domandò alla compagna davanti: “Tu, mi senti?”.

 “Sì, certo. Sento la tua voce” rispose.

“Mi senti?” la interrogò nuovamente, rallentando i suoi passi.

“Sì, certo. Non preoccuparti, sento la tua voce” rispose nuovamente la seconda.

Proseguirono il cammino finché la tartaruga che si trovava davanti tornò a chiedere: “Mi vedi?”.

Silenzio.

“Sei certa di vedermi?” chiese nuovamente, senza arrestare la sua marcia.

Silenzio.

La tartaruga si fermò, si voltò, attese fino a quando non la raggiunse la seconda tartaruga e le chiese: “Mi vedi?”.

“Sì, ti vedo. Sei affaticata, forse meglio fare una pausa”.

La prima tartaruga percepì chiaramente la stanchezza nella voce e le disse: “Ti sento stanca, fermiamoci qualche attimo”.  

E il dialogo si fece più vicino. 

E ascoltare è dialogare, è comunicare, entrare in relazione, avere un confronto. In ogni comunicazione c’è un mittente, un destinatario e un altro elemento del quale, forse, non si è sempre consapevoli: la ‛distanza’, intendendo con tale termine lo spazio intangibile che si interpone tra chi dialoga e che, a volte, richiede e attende di essere colmato.

(da www.ormediscrittura.it)

Redazione

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