Il dialogo. Cattolici e massoni, un dialogo a precise (e strette) condizioni
«Il mio augurio – è anche una speranza – è che un giorno un Papa e un Gran Maestro possano incontrarsi e fare un pezzo di strada insieme, alla luce del sole. Mi viene da dire alla luce del Grande Architetto dell’universo».
Sono le parole con cui il gran maestro del Goi (Grande Oriente d’Italia) ha chiuso il suo intervento al convegno organizzato dal Gris (Gruppo di ricerca e informazione socio-religiosa) alla Fondazione Ambrosianeum di Milano il 16 febbraio 2024 su Chiesa e massoneria. La luce del Grande Architetto è, però, fioca: un lucignolo fumigante, con cui “camminare insieme” nel Metaverso di Zuckerberg, creandosi un Avatar-pontefice, manipolabile da remoto. Magari anche un viaggio con Stephen Hawking – dal big bang ai buchi neri – per scoprire, con il dotto scienziato della ragione scientifica, che dell’Essere supremo non si vedono tracce.
Il Grande Architetto ha progettato un universo in espansione buio e freddo: la luce raggiunge solo il 5% della materia osservabile, per il 15% c’è materia oscura, e tutto il resto è energia oscura. Buio pesto, dunque. Con un Papa si può, invece, camminare alla luce luminosa del Sole di Dio-agàpe, solo e sempre amore, in Gesù crocifisso e risorto. L’espressione “camminare insieme” colpisce in questi tempi di cammino sinodale, cui papa Francesco ha convocato la Chiesa cattolica. Si può dialogare con tutti? Già per la Evangelii nuntiandi la Chiesa si fa “dialogo”, la Chiesa è dialogo. I cattolici «devono rendere ragione della loro speranza in Cristo a tutti», anche ai massoni. Il dialogo però deve avvenire nello splendore della Verità di Cristo, la cui luce si espande nell’Universo cosmico e nelle profondità del microcosmo dell’abisso umano, dall’infinitamente grande all’infinitamente piccolo (cfr. Theilard de Chardin).
La luce di questo Sole è quella del Dio-agàpe, che non chiede ai suoi figli “filantropia” ma immolazione e servizio, empatia per la sorte dei fratelli, soprattutto i poveri. Esige l’umiltà di non cercare il potere (occulto) che assoggetta quanto piuttosto la sapienza di vita che mette tutto in chiaro, testimoniando l’amore per tutti gli altri, fossero anche nemici. Gli umani, infatti, vivono una fratellanza universale perché in Cristo, possono riconoscere un Dio che è Padre. Quella del Grande Architetto è una idea eretica originatasi nella modernità illuministica. Alligna nell’antica eresia ariana: Ario non riconosce la divinità di Gesù Salvatore perché lo vede solo come il “demiurgo greco” che plasma la materia informe.
Il Concilio di Nicea afferma la verità cristiana: Gesù è Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero. Il Grande Architetto non sa nulla del Dio cristiano che è, dall’eterno, pro-esistenza, pro-affezione, Amore. Presenza incarnata nella vita dell’uomo, rende il credente abitato dallo Spirito Santo e la Chiesa cattolica sacramentale. La comunione del popolo, la fratellanza universale, è fondata sulla vita del Dio compagno di strada dell’uomo. Dio è amore e il credente è cristiformato, spritiforme, triniformato. Perciò non ha nessun senso, per un cattolico, l’iniziazione nel tempio della massoneria. Qui è il motivo primo e ultimo dell’inconciliabilità tra cattolicesimo e massoneria. Il possibile dialogo con i massoni va fatto nella verità dell’esperienza cristiana: una doppia appartenenza è una doppia obbedienza. Urge allora una teologia sapienziale, per offrire le ragioni critiche della fede cristiana, mostrando che la carità cristiana è distante anni luce dalla filantropia massonica: è, infatti, frutto dell’opera dello Spirito Santo nel credente. La carità scruta le intenzioni dei cuori, contesta l’apparire delle forme (dare tutte le sostanze ai poveri non significa avere la carità, ammonisce san Paolo). La “carità è nella Verità”: significa che questa “Verità nella carità” giudica tutti per la salvezza eterna. Non solo i massoni ma anche i cattolici convenzionali.
Questo vuol dire che le parole (tutte le parole) – come fratellanza, giustizia, pace, amore, grazia, carità, amicizia – sono pregne del loro significato solo se vissute nella tradizione di senso cristiano: se papa Francesco in Fratelli tutti parla di «amicizia sociale» e «fratellanza universale» non può essere tacciato (come maldestramente e malevolmente è stato fatto dai cattolici convenzionali) di parlare un linguaggio massone, d’essere persino un massone. La fratellanza massonica è abissalmente diversa da quella cristianocattolica, perché l’esperienza del mondo (affetti, sentimenti, emozioni) di un cattolico è fondata sulla fede della speranza cristiana del Dio di Gesù Cristo che ci salva nella morte: “voi non morirete mai”, questo è l’annuncio.
Risorgerete nella carne, perché avete vissuto di amore-carità. “Vissuto”, non solo teorizzato: il pensiero, quando è pensiero, è sempre “incarnato”. A questo è servita la citazione del filosofo personalista Emmanuel Mounier con la quale ho cominciato la mia relazione (ascoltabile integralmente su Youtube) al Convegno di Milano su Chiesa e Massoneria: «Occorre soffrire perché la verità non si trasformi in dottrina, ma nasca dalla carne». La Verità si vive e si cerca con il pensiero, si guadagna davvero quando la si vive nella carne.
La verità di Cristo – Verbo nella carne, la vicenda storico-salvifica di Gesù, il “positivismo cristiano” (Joseph Ratzinger) – permette di giudicare anche le ipocrisie del vissuto di tutti, spesso in contraddizione non tanto con la dottrina ma con la Verità.
(Vescovo – Presidente della Pontificia Accademia di teologia)
Marcario Giacomo
Editorialista de Il Corriere Nazionale