Il Boom

Il Boom

di Francesca Girardi

Un boom! Così si dice quando qualcosa “spacca”, emerge, a volte anche prepotentemente.

Il boom economico, così era nominato il periodo storico che ci ha traghettato dal dopoguerra al benessere; i baby-boomer, prendendo in prestito alcune delle parole della Treccani, sono …i figli dell’esplosione demografica…; il boom dei cellulari, non servono spiegazioni. Tantissimi possono essere gli esempi del suono onomatopeico che un po’ ci ricorda la poesia futurista di Tommaso Marinetti, “Zang tumb tumb”. Il futurismo, ricordiamo, nasce per rompere le regole, per seguire la libertà espressiva che dilaga in tutti i contesti da quello poetico a quello artistico a quello letterario. A forza di boom evolviamo, cresciamo, la società procede verso il progresso, parola che ormai pare diventare sinomino di “digitale”, di “tecnologia”.

Inutile dire che per la tecnologia stiamo assistendo a un nuovo boom. Tecnologia di qua e di là, in tutte le salse e in tutti i contesti. Tanto di cappello ai passi fatti avanti grazie ad essa, grazie a menti umane che si sono applicate nel cercare di creare strumenti e supporti capaci di migliorare e rendere un pochino più semplice il vivere della collettività. In campo medico, come faremo senza l’apporto tecnologico? Un apporto che si appresta ad affermarsi canale nuovo attraverso cui sostenere percorsi di cura, di relazione, garantendone continuità e presenza.

Critica è invece l’opinione verso il declinare la tecnologia nella relazione umana. Scorriamo sui nostri monitor numeri di assistenza clienti, ai quali ci rivolgiamo per chiedere informazioni, chiarimenti e ci troviamo a parlare con voci robotiche, dai nomi umani che ci illudono di parlare con qualcuno. Una volta si diceva Mi sembra di parlare al muro, quando ci si rivolgeva a qualcuno che non dava segni di comprensione, e oggi? L’espressione si è smarrita. A tutti è capitato almeno una volta di parlare a uno dei tanti assistenti virtuali, dalla voce che sa di metallo, che ha uno stile gentile e accogliente, che risponde alle domande con un’altra risposta, o meglio, un’altra domanda facendoci entrare in un loop di dialogo illusorio. Ci ammalia con la sua modalità di approfondimento per poi avvicinarsi a quanto da noi voluto, e spesso non è certo la risposta che stavamo cercando.

Il rischio è l’illusione di trovare sempre qualcuno pronto a rispondere, a sapere che qualcuno ci ascolta per dare le indicazioni che ci servono. Ci ricordiamo tutti il boom di Alexa.

Accogliamo la tecnologia e non smarriamo il nostro pensiero. Non prendiamo tutto per buono, non crediamo che tutto sia più facile, non smettiamo di essere critici e autocritici, perché anche riflettere sulla propria attitudine a cadere nei trabocchetti della semplificazione è il contributo che ognuno di noi può apportare nel non creare un mondo esclusivo in cui anche la cosa più bella, spontanea, genuina, talvolta anche imperfetta, come la relazione, sia camuffata da un dialogo digitale, gentile che appare voler approfondire il nostro bisogno.

Ascoltiamo con le orecchie, con le percezioni del nostro corpo, rimaniamo in ascolto di quanto ancora di “vero” e “vivo” ci rimane. Senza demonizzare, ma senza gridare sempre a boom che ci portano a vedere la luna sempre più vicina.

E ancora una volta il libro aiuta. Recente è la notizia di locali di New York in cui il libro sta diventando strumento di relazione, di dialogo*. Reading Rhythms, è questo il nome delle atmosfere che mi riportano indietro nel tempo, ai salotti dell’800. Lì era il viaggiatore a leggere le proprie guide per poi disquisire in gruppo su quanto aveva raccontato. Oggi la differenza è che ci si incontra in uno spazio condiviso, ognuno si dedica alla lettura del proprio testo per poi trasformare l’esperienza individuale in un momento di dialogo e scambio vicendevole. Ecco, credo che la notizia promuova un intreccio di tempi, dove il passato si adatta alla contemporaneità per far fiorire collettività. Questo auspichiamo diventi uno dei boom con cui non bloccare il progresso, bensì far convivere assieme una collettività “viva”.

 

*L’articolo a cui si fa riferimento: https://www.giornaledellalibreria.it/news-lettura-not-a-book-club-a-reading-party-la-nuova-moda-a-new-york-per-amanti-di-libri-6028.html

ph pixabay

 

Francesca Girardi

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