Migrazione climatica
di Alessandro Masi
Tema sempre più trattato e ulteriore conferma dell’inesorabile cambiamento dovuto all’attività dell’uomo sull’ecosistema: il degrado dei suoli utilizzati per la coltivazione e l’agricoltura, l’alterazione di ecosistemi fragili e l’esaurimento di preziose risorse naturali come l’acqua dolce iniziano ad avere un impatto diretto sulla vita delle persone e i luoghi in cui risiedono.
Le calamità naturali non provocano direttamente migrazioni o sfollamenti; i principali fattori sono la mancanza di servizi di base in una data comunità: infrastrutture, accesso alle risorse nazionali e sostegno sociale da parte degli Stati che potrebbero sostenere le persone nel difendersi e nel ripristinare le loro normali attività di sussistenza. Le politiche di sviluppo insostenibile dei governi, gli investimenti privati e i finanziamenti volti a cumulare più profitti nel minor tempo possibile, attraverso lo sfruttamento del suolo, le attività estrattive e la cementazione continua, creano e acuiscono i rischi di calamità naturali.
Le inondazioni, per esempio, sono un risultato indiretto del cambiamento climatico, ma, soprattutto, un effetto diretto dall’azione sconsiderata degli uomini, come la costruzione di edifici sulle coste, di aree industriali in aree umide, e l’intensificazione agricola che ostacola il flusso naturale dei fiumi.
Il graduale impoverimento delle popolazioni rurali e l’aumento della temperatura globale sono le cause dello spostamento e della migrazione delle comunità.
Le migrazioni verso altri paesi sono abituali nelle comunità a medio reddito, mentre quelle a basso reddito, a causa del loro status economico, tendono a spostarsi meno, verso aree limitrofe, e sovente senza alcuna possibilità di migliorare le loro condizioni di vita.
Le isole, le zone costiere, i delta dei fiumi subiranno erosioni, inondazioni, salinizzazione delle falde acquifere, cambiamenti negli ecosistemi locali. La desertificazione e la siccità si intensificheranno nelle regioni semiaride.
L’accordo di Parigi rappresenta il primo accordo globale sul clima, universalmente e giuridicamente vincolante, volto ad evitare pericolosi cambiamenti climatici, tra gli obbiettivi ci sono mantenere l’aumento della temperatura media globale al di sotto 1,5 gradi, in quanto questo ridurrebbe significativamente i rischi e i danni, intraprendendo una rapida riduzione delle emissioni globali di gas.
Per raggiungere questo ambizioso obiettivo, il piano include l’emanazione della prima legge europea per sancire la neutralità climatica per il 2050 e la proposta di un Patto europeo per il clima, riunendo regioni, comunità locali, società civile, industria e scuole nella progettazione e realizzazione di una serie di azioni per un cambiamento sostenibile, dal singolo individuo alla più grande multinazionale.
In Italia abbiamo un forte flusso migratorio dalla fascia africana che rappresenta circa il 90% degli ingressi sul nostro territorio dalla rotta mediterranea.
L’agricoltura rappresenta quindi un collegamento tra cambiamenti climatici e migrazioni. Raccolti poveri ed eventuali carestie, congiuntamente alle ondate di calore durante la stagione di crescita, amplificano il fenomeno migratorio.
Il fattore dominante che ha indotto queste migrazioni sembra essere però la temperatura, tanto da far pensare che il superamento di una soglia di tolleranza termica, umana ed animale, possa avere un ruolo primario sulle variazioni dei flussi migratori.
l primo passo è quello di rafforzare la resilienza delle persone a basso reddito che sono le persone più vulnerabili a causa delle loro condizioni di vita mancanza di infrastrutture, scarso accesso alle risorse pubbliche, ecc.
Infine, le organizzazioni della società civile hanno un ruolo determinante nello spingere i governi e i parlamenti a livello europeo e nazionale, a cambiare il sistema economico che sta causando il cambiamento climatico, a ridurre drasticamente le emissioni di CO2 in attuazione dell’accordo di Parigi, a sostenere la cooperazione allo sviluppo sostenibile per le comunità resilienti e le misure di adattamento, e a prevedere percorsi umanitari per i migranti che fuggono da catastrofi naturali e umane, così come canali sicuri e regolari per i migranti in generale.