Primo sì per il premierato – inizia un iter che non sarà né breve né facile per il governo

Ieri pomeriggio è arrivato il primo via libera dal Senato alla riforma cardine voluta da Fdi: non sono mancate però le proteste dell’opposizione che è scesa in piazza contro le due riforme attualmente dibattute nelle camere.

Nel pomeriggio di ieri, dall’aula del senato, è emanato il primo sì istituzionale alla riforma tanta voluta dal partito di Meloni, quella che riformerà il modo in cui si elegge il capo di governo. Rimangono però dei dubbi sulla forma finale che assumerà il cavallo di battaglia della premier che ieri esultava «il primo passo». Esattamente come sarà si saprà solo con il chiarimento sulla legge elettorale insieme alla quale si adopererà.

Ora dovrà passare al Montecitorio, e poi altre due letture in entrambe le camere prima della firma finale da Mattarella. Insomma, non è un percorso senza possibili intoppi…

Le riforme che vara attualmente il governo non possono essere che considerate, perlomeno, divisive. Il disegno di legge di fatto porrà fine a tante normalità della politica, che attualmente appaiono normalissime:

  • Revocherà la possibilità di nomina attualmente detenuta dal capo di stato sul presidente di consiglio; invece, preferendo l’espressa preferenza dagli elettori su chi entra a Palazzo Chigi. (Premierato)
  • Imporrà un limite di massimo due mandati consecutivi, dopodiché non si potrebbe essere più candidabili al ruolo di capo di governo.
  • In caso di caduta del governo sarebbe possibile un secondo tentativo per formare una nuova amministrazione. Se non riuscisse neppure questo, il paese tornerebbe alle urne. (Stop a governi tecnici, come quelli di Dini, Amato, Monti, Draghi)

Il ddl, appena approvato al senato, dovrà essere approvato anche alla camera, e nel caso mancasse la maggioranza dei due terzi di sostegno, una realtà pressoché certa, si continuerà all’indire di un referendum per sancire la riforma alla costituzione.

Il sistema proposto da Meloni non è uno molto sperimentato al livello internazionale: Israele, paese che come l’Italia ha visto una tendenza a governi poco longevi, varò una legge simile nel 1996. Il risultato però, non fu come si aveva auspicato, e quel periodo politico viene spesso ricordato per la sua instabilità, la legge poi annullata nel 2001. Aspetto, poi, piuttosto importante da ricordarsi è che l’Israele è un paese di appena nove milioni, rispetto ai sessanta milioni d’Italiani – fattore che rende la possibile gestione di elezioni più frequenti assai più difficile nonché costosa.

Tuttavia, perché tutto questo possa avvenire occorreranno altri cambiamenti alla costituzione: anzitutto una nuova legge elettorale, probabilmente sistema maggioritario, o con sistema a ballottaggio, come quello utilizzato per l’elezione dei sindaci delle più grandi città. Questo perché, nel caso fosse preferito un sistema più proporzionale, sarebbe probabile l’elezione diretta di un premier che poi, una volta arrivato alle camere non avrebbe nessuna maggioranza, ovverosia, ancora meno governabilità di oggi. Sommando, il percorso da fare per il premierato è ancora lungo ed è possibile che neppure si applicherà alle prossime elezioni politiche.

Il premierato, proposto insieme alla separazione delle carriere giuridiche voluta da Fi, e proposta forse ancora più contestata, l’autonomia differenziata proposta dalla Lega, costituiscono grandi temi, cambiamenti costituzionali che sembrano rispecchiare un governo guerriero, che lotta contro l’establishment. Tutto ciò vorrà dire – però – vari referendum nel corso di questa legislatura, possibilità che potrebbe spingere il governo al rallentamento dell’iter parlamentare di uno o più dei ddl per calmare le acque, proponendo le proposte a referendum contemporaneamente alle prossime politiche, rendendole di fatto un voto di fiducia nel governo. Che questo renda la possibilità di rielezione più probabile, non si può sapere.

Redazione Radici

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