Pedrizzi (Ucid) al convegno sui rapporto tra Chiesa cattolica e Cina
“Riallacciare rapporti sereni nel solco di Papa Ratzinger ma senza cedere ai diktat del Partito comunista”
Si svolge questa mattina, nell’ambito del convegno “La Cina e l’Occidente due civiltà a confronto (a 700 anni dalla morte di Marco Polo)” che rientra nelle celebrazioni del 104° anniversario di attività dell’Accademia di Storia dell’Arte Sanitaria, di Roma, la relazione del senatore Riccardo Pedrizzi, presidente del Comitato Scientifico dell’Ucid sul tema “Chiesa Cattolica e Cina: quale futuro?”.
Il dibattito, iniziato alle ore 9,30 presso il Complesso Monumentale dell’Ospedale di Santo Spirito Sala Alessandrina dell’Accademia (Lungotevere in Sassia, 3) vedrà la partecipazione del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e di numerosi docenti, intellettuali e operatori sanitari che operano al servizio della prestigiosa Accademia. I lavori saranno introdotti dal dott. Giuseppe Marceca, Segretario Generale ASAS.
Il senatore Pedrizzi, presidente del Comitato Tecnico Scientifico e del gruppo Lazio dell’Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti, nella sua relazione fa riferimento al grande sforzo di Joseph Ratzinger che cominciò a occuparsi di Cina prima di diventare Papa, in particolare mentre era prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, quando gli venne sottoposta la questione dei vescovi illegittimi, ordinati cioè senza l’approvazione del Pontefice.
“Alcuni di questi avevano fatto sapere di soffrire per la separazione da Roma e chiedevano il perdono del Papa. Giovanni Paolo II chiese a Ratzinger un argomentato parere teologico e questi, al termine di una approfondita indagine, riconobbe che, anche se illegittimi, si trattava di vescovi e cioè consacrati secondo le norme della Chiesa. Da allora, Ratzinger continuò ad interessarsi della Cina, e divenuto Papa incoraggiò il dialogo con le autorità di Pechino”.
In una lettera spedita a Pechino, ricorda Pedrizzi, Benedetto XVI si disse “pienamente disponibile ed aperto ad un sereno e costruttivo dialogo con le Autorità civili al fine di trovare una soluzione ai vari problemi, riguardanti la comunità cattolica, e di arrivare alla desiderata normalizzazione dei rapporti fra la Santa Sede e il Governo della Repubblica Popolare Cinese”, sulla scia di Giovanni Paolo II.
Con l’arrivo di Papa Francesco – ricorda Pedrizzi – si sono create alcune condizioni per riprendere il dialogo con la Repubblica popolare cinese, che ha portato all’Accordo provvisorio del 2018 “ma la richiesta di libertà di parola su vita e famiglia, non negoziabile per Benedetto XVI, sembra essere stata superata dal suo successore, fa notare l’esponente dell’Ucid.
“L’accordo con la Cina ha visto cessare le persecuzioni per i cattolici? Si sono aperti spazi più ampi di libertà religiosa? Sì, ma forse solo perché il regime comunista decide e il Papa dà l’assenso. Purtroppo l’applicazione di questa parte dell’accordo secondo notizie che arrivano da quel Paese non ha fermato la persecuzione di sacerdoti e vescovi che non accettano la subordinazione al Partito Comunista. Ma l’aspetto più rilevante è il fatto che il regime cinese, per qualsiasi atto riguardante la Chiesa cattolica, mai menziona la Santa Sede e il Papa e tanto meno gli accordi”.
La Santa Sede – ricorda Pedrizzi – è intenzionata a rinnovare comunque l’accordo segreto stipulato con la Cina nel 2018 e poi rinnovato ogni due anni, “ma ci sarebbe tempo per cercare di spuntare ancora qualche concessione ad un governo cinese che a queste condizioni ha solo da guadagnarci, perché può procedere ad un controllo sempre maggiore della Chiesa cattolica”. “La questione non riguarda infatti solo la nomina dei vescovi ma il processo di sinicizzazione della Chiesa cattolica che il regime persegue almeno dal 2015 e che diventa sempre più soffocante tanto da continuare incomprensibilmente a negare l’istituzione di un ufficio della Santa Sede in Cina”, conclude Pedrizzi nella sua relazione.