Arte come filosofia 10

Arte come filosofia 10

“Ronnie Cutrone – What A____Krazy Life!”. In mostra dal 18 maggio al 4 agosto 2024, presso la Cappella Palatina del Maschio Angioino di Napoli.

A cura di Roberto Borghi, Ivan Quaroni, Luca Palermo, Carla Travierso. Mostra ideata e prodotta da Matteo Lorenzelli per “Lorenzelli Arte”.

di Andrea Cramarossa

Fig. 1. Ronnie Cutrone: “Dubfire Ghost Who is your Daddy?” 2009. Acrilico e collage su bandiera.

C’è un bel dire, alle volte, circa la nascita di una “nuova era”, di quel “qualcosa di nuovo” che irrompe nelle nostre vite e ci lascia, alle volte, interdetti, sempre incuriositi, perlomeno, mossi da un intento di maggiore conoscenza del “fatto nuovo” che è mezzo di cambiamento sociale, culturale, storico. Talvolta ce ne accorgiamo dopo molti decenni; altre volte non ce ne accorgiamo affatto. Essere originali è sintomo di grande possibilità di ascolto del circostante, spesso, è fenomeno insolito che si tramuta in incomprensione – ed io ne so qualcosa. Ma, lasciando da parte inutili personalismi, imbattersi nelle opere di Cutrone è come fare un tuffo in un intuibile “futuro-passato”: ci si trova di fronte ad opere che appartengono al futuro, sono tutte opere che devono ancora essere realizzate, pur vedendole lì davanti a noi, ma è come se un “nastro traportatore” le avesse ricollocate nel nostro tempo giusto l’attimo per ricordarci che la visione delle opere d’arte è cosa differente dall’arte in sé e che comprende tutto un sistema di operazioni cognitive-percettive che hanno a che fare enormemente con il fattore tempo e, naturalmente, col fattore spazio.

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Fig. 2. Locandina della mostra “Ronnie Cutrone – What a____Krazy Life!”.

Dunque, si tratta di un “futuro-passato”, ossia di un tempo che verrà vissuto e che è già stato vissuto, quello che dovremo sentir trascorrere guardando le opere in mostra, dove personaggi dei fumetti e dei cartoni animati statunitensi (soprattutto essi, certo) si ritrovano in pose plastiche mitologiche a soverchiare il senso della pittura e della tela da dipingere, facendosi alfieri estatici di un nuovo principio alchemico: la metafisica circostanziale. Qui c’è bisogno di elementi del dire generalmente considerati superflui che possano sottolineare il “rapporto cosmico” tra il vedere e il sentire, tra il sentire e il dire. Le opere di Cutrone vanno innanzitutto percepite; chiedono il superamento dello strato più superficiale per annegare lo sguardo nella dinamica voluttuosa delle contese politiche e sociali, dove poter esprimere un segno-dissenso, in modo drammaticamente ironico, non è né follia e né censura da follia ma, al contrario di quanto avviene nei nostri tempi attuali dove la censura è tornata di voga con allarmanti “nuance ottocentesche”, è esigenza di dare al “rapporto cosmico” un suo luogo dove dirsi, una sua bocca aperta all’ignoto e all’inconsueto, anche al perturbante.

Fig. 3. Ronnie Cutrone: “Are you the Daddy?”. 2009. Acrilici su bandiera americana.

E c’è un gran bel dire di quell’estasi probabilmente vista e vissuta nei primi dieci anni di collaborazione intensa dove Ronnie Cutrone ha assistito Andy Warhol nella mitica “Factory”, dopo aver recensito concerti e mostre d’arte per la rivista “Interview”, sempre fondata da Warhol. Dal 1972 e per circa dieci anni, Ronnie Cutrone è assistente di Andy Warhol. Egli vede, dunque, come la “cosa” o lo “spirito” di quegli anni prende forma, la sua forma specifica, cioè, come si accresce, diventa essere la cui ipostasi riverbera ancora oggi, lacrimandosi in multipli e sottomultipli di molteplici molteplicità, come se entrambi gli artisti avessero programmato la dimensione del “Rinascimento Anni ’80”, quello che seguì alle turbolenze e agli assestamenti socio-politico-culturali in tutto il mondo, in forte polemica con la cultura di massa, eppure, con essa dialogante, come a volerne scoprire le pieghe più recondite, i segreti, come a volersi fare motore principale di quel meccanismo che ha sconvolto la facciata del nostro impero occidentale, fino a esplodere di totalità negli ultimi cinque anni: ciò che stiamo vivendo-vedendo con una sorta di nostra forma sovrannaturale, come a prepararci al distacco emotivo e sentimentale con tutto ciò che ancora definiamo “umano”, come a volerla “prendere in giro” quella voluttà mondana da “fine del mondo”, come a voler essere, irreparabilmente essere, visibili ed esistenti poiché visibili ma come forma d’arte, come figura semovente sui muri e per le strade, su qualsiasi superficie piana che possa accompagnare il nostro passeggio urbano e sottostando, tuttavia, alla tragicità dell’esistenza come al solito non vista, non percepita.

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Fig. 4. Ronnie Cutrone: “Crusade”, 2005. Acrilico e collage su tela.

Troviamo, così, le fondamenta di una nuova originarietà più che di una originalità: più che pop art o new/post pop art, siamo nella meravigliosa stupefazione della mimica del fumetto, del congelamento fumettistico intriso di sangue, nella cosmesi della guerra e della supremazia razziale, nel consumismo che consuma l’idea di consumabilità, nella denuncia clamorosa della perdita delle tradizioni, come nel bellissimo dipinto “The Phantom”, realizzato tra il 1996 e il 1999, dove un misterioso cavaliere supereroe, in groppa al suo guerriero, si prodiga nel voler uscire da un quilt, tradizionale trapunta decorata con motivi a patchwork, patrimonio dell’arte folk americana, riuscendoci. Questa vitalità esplosiva, questo continuo riverbero di fragori e di tumulti (segni della guerra che è stata e che sarà), è l’impeto propulsivo della fuoriuscita (dell’apparire, dunque, dell’esistere) dal quadro che più non può contenere, poiché i confini li senti stridere contro la pelle del colore, contro le forme eterogenee, contro le imprese atte a cambiare la storia o, perlomeno, il ricordo di suoi frammenti. L’origine dell’arte di Ronnie Cutrone, attiene ad un turbinio di onomatopee fantastiche e scroscianti e a un movimento futurista che ricorda tanto Boccioni quanto Duchamp, nella sua scomposizione ritmico-sensoriale con in più il senso fortissimo della precarietà, della caducità del vivere (e tanto più per questa ragione il movimento diviene necessario, per scongiurarne la fissità mnemonica) e, io credo, nella nostalgia di un futuro-passato che in certi sguardi si tramuta in malinconia, facendo assomigliare le sporadiche membra muliebri a certe dame preraffaellite diafane e livide. Tale origine è fonte di originarietà, dall’origine si origina l’intuitività che resta questione aporetica e che in questi tratti personalissimi si può ben leggere nell’uso che del colore s’è fatto e dei materiali in perfetto dialogo armonico tra essi, proprio come in una alchimia medioevale ma di un Medioevo che ancora attendiamo. Il Mistero nelle opere di Cutrone è ancora giacente; nessuno l’ha svelato, nessuno l’ha ancora liberato dal limite della crosta terrestre (i confini della “tela”); esso segue altre regole gravitazionali. Come nelle opere di Warhol, anche in queste di Cutrone, io vedo la traccia utopistica fremente come brace del fuoco eternamente fuoco, in contrasto con la “fame borghese” verso il “semprenuovo”, quel consumo dei beni sul mercato, alla quale certi artisti sanno opporsi, appunto, con una nuova fragilità che si allontana dallo stile personale per farsi stile universale, ossia originale ed eterno, convertito in invenzione, mutando qualità ed espressione ma senza scomparire, ancora visibile ai nostri occhi che sono diversi, quelli sì, dai primi sguardi che hanno veduto e i nostri, come quelli, ancora in grado di testimoniare se il movimento del colore, per noi che guardiamo, ha ancora un suo senso.

Infine, un encomio a chi ha curato questa mostra e alla “Lorenzelli Art” per averla prodotta, certo che la possibilità del contatto sinestesico con le opere dal vivo di Cutrone, in questo caso come in altri, possa essere occasione inesauribile di crescita personale e comunitaria.

Andrea Cramarossa

“Ronnie Cutrone – What A____Krazy Life!”. In mostra dal 18 maggio al 4 agosto 2024, presso la Cappella Palatina del Maschio Angioino di Napoli.

A cura di Roberto Borghi, Ivan Quaroni, Luca Palermo, Carla Travierso. Mostra ideata e prodotta da Matteo Lorenzelli per “Lorenzelli Arte”.

Mostra vista il 20 maggio 2024.

Redazione

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