Gli intellettuali sono l’unica forza dell’ordine che vince se convince
Non è la quantità di armi da guerra possedute dai cittadini, (come in America) a rendere rischiosa la vita e ingovernabile un popolo; ma le armi acquisite attraverso “l’istruzione”, che Nelson Mandela considerava “l’arma più potente per cambiare il mondo”.
I popoli culturalmente “poco armati” possono essere governati da qualunque istituzione: ma gli istruiti sono tutti fuori controllo.
E più crescono i laureati, più il popolo (salvo illustrissime eccezioni) diventa libero come un cavallo indomito perché non si lascia cavalcare dalle leggi dello Stato, ma le “cavalca” occupando le istituzioni da professore, burocrate, professionista, politico e usandole più a proprio vantaggio ché per il bene comune.
Ma se nessuno ha diritto di sindacare cosa fanno i lavoratori con i loro sudatissimi soldi onestamente guadagnati senza aver mai ricevuto un contributo dallo Stato; gli stessi lavoratori in qualità di contribuenti hanno pieno diritto di sapere e sindacare in mano a chi finiscono le loro tasse e per quale legale e civile finalità vengono impiegate.
Le armi del “sapere”, oltre ad essere patrimonio dell’umanità, i laureati le hanno acquisite soprattutto con le tasse dei manovali, dei braccianti, dei pastori, dei pescatori e dei boscaioli, dei commercianti e degli artigiani che hanno contribuito al mantenimento delle istituzioni culturali e dell’intero Stato.
E questi lavoratori “culturalmente poveri” non hanno finanziato gli istruiti perché usino il sapere per il proprio individuale arricchimento, per tutelare interessi particolari e persino sporchi, per sfruttare meglio gli ignoranti e per impoverire chi stenta a vivere; ma per avere uno Stato che garantisca e tuteli i diritti degli intellettuali che pensano, senza ridurre alla fame, disperazione e persecuzione i lavoratori che fanno.
Non è mai successo; ma se con i soldi della collettività un contadino ricevesse dallo Stato una zappa gratis, quel bene di tutti dovrebbe essere usato nell’interesse di tutta la collettività, non a vantaggio esclusivo del beneficiario.
Con le armi di servizio, le forze dell’ordine non sono legittimate a difendere solo la loro famiglia, ma prima di tutto i soggetti deboli della collettività. E se aiutano i forti ad abusarsi dei deboli finiscono dritti in galera.
Per la stessa ragione, un burocrate o un professionista che ha ricevuto con i soldi della collettività, l’arma del sapere, (ormai più potente ed ingovernabile della bomba atomica) può utilizzarla per il benessere della sua famiglia, ma a condizione che garantisca la buona salute del sistema Stato da cui dipende la dignità, la sicurezza e la vita di ogni singolo cittadino.
Un professionista che usa l’arma pubblica del sapere per il proprio individuale arricchimento o per tutelare interessi particolari a danno della collettività, è disonesto quanto un burocrate che timbrasse il cartellino e andasse a gestire la propria impresa privata ma continuando ad incassare lo stipendio pubblico per aver garantito una truffa al posto di un servizio.
Nei sistemi liberali ci sono professionisti privati e professionisti pubblici, chiamati burocrati, ma in quanto depositari e utilizzatori dell’arma del sapere tutti dovrebbero essere impegnati sia pure con diversa responsabilità e diverso guadagno, a garantire la buona salute del sistema Stato. Non certo l’indebitamento e lo sfascio: il manicomio e la guerra civile spacciata per stato di diritto, come in Italia.
Non basta fingere di tirare a lucido i singoli sottosistemi istituzionali, se invece di renderli tutti reciprocamente cooperativi, per la buona salute dello Stato di diritto, sono conflittuali e producono debito pubblico, rapina triburia o bancarotta.
Questo è il crimine che ha fatto fallire i sistemi comunisti e che sta mettendo a rischio i Liberali.
Nelle democrazie il potere dei popoli è passato dalle azioni alle idee, da chi agisce a chi pensa, dalla politica che si può avviare, indirizzare e fermare, al sapere filosofico e scientifico che almeno da un secolo è un uragano incontenibile e inarrestabile.
Io non sono un addetto ai lavori, perciò prendete pure questa mia con beneficio d’inventario.
Ma ho il sospetto che nell’ultimo secolo il mondo non si sia arricchito di stupidi come pensano i più; ma di furbi, di soggetti che non hanno interesse ad informare la collettività (la gallina dalle uova d’oro) in che modo e in che misura se la stanno spennando.
Ad uno chef non si può chiedere che renda pubblica la ricetta di un suo piatto prelibato. E anche gli intellettuali e i tecnici hanno i loro segreti professionali che non riveleranno mai nemmeno sotto tortura.
Chi lavora con le mani può anche permettersi il lusso di essere competitivo, perché chi acquista un bene o un servizio lo fa per libera scelta.
Ma chi progetta e governa un sistema sociale, a cui è obbligato a contribuire con la borsa e con la vita l’intero Popolo, dovrebbe essere cooperativo e assumersi la piena responsabilità di portare a buon fine la sua opera retribuita dai contribuenti.
E se uno Stato fallisce perché progettato, amministrato e governato da cani; gli addetti ai lavori dovrebbero risarcire la collettività non scaricare il danno sugli ignoranti a colpi di tributi dopo averli derubati.
Gli istruiti, sono le vere forze dell’ordine che attraverso il sapere dovrebbero diffondere sicurezza e pace sociale, ma fingono di non sapere che in democrazia la politica non parte dai governanti, che del potere reale sono la coda: parte dall’istruzione, e prosegue con l’informazione, la burocrazia, le professioni, le lobby economico finanziarie, la giustizia.
E quando le scelte di questi veri attori politici arrivano al governo, sono già confezionate e infiocchettate: e ai ministri non resta che apporre timbri, firme e imporre tributi per garantire puntuale sfruttamento ai poveri, crescente arricchimento ai ricchi, lievitazione di debito pubblico, violenze, guerre e rischio default.
Negli ultimi tre quarti di secolo, in Italia e nel mondo la malacultura, (le forze del disordine intellettuale) ha generato solo malapolitica, e i frutti avvedenati ora si sprecano.
Franco Luceri
foto Rai Cultura