L’innocenza violata dai volti della pedofilia

L’innocenza violata dai volti della pedofilia
Picture of pedophile standing at the child room entry

Nei meandri del male, attraverso un’analisi attenta e profonda di un crimine orribile.

 

Dal Mondo –  A chi non è mai capitato di imbattersi nel lato più oscuro e profondo del web, lì dove si nasconde un “mostro” pronto a strisciare fuori dalle proprie ombre insinuandosi nella vita delle persone, il predatore dal volto quasi fantasma, colui che manipola e seduce con false promesse, lui, il pedofilo, abile, inquetante e pericoloso, colui che è colpevole del rapimento del sentimento più puro, semplice, spontaneo e leale, l’innocenza.

Chi sono questi carnefici e cosa li spinge a compiere atti così atroci? Quali diversi profili psicologici di pedofilo esitono?

In questo articolo desidero addentrarmi nell’angosciante mente di coloro che sono macchiati di questi atti inumani, svelando le diverse sfaccettature di un fenomeno che ancora oggi, continua a sconvolgere la società, la pedofilia.

E’ il 1978 e Nicholas Groth, partendo da uno studio psicologico sui pedofili, suddivide e distingue due principali tipologie degli stessi.

Nella figura del “pedofilo fissato” rientra il singolo cui sviluppo psicosessuale si è bloccato, solitamente a causa di esperienze traumatiche portandolo a sviluppare un’attrazione persistente verso i minori fin dall’adolescenza perchè guidato da un forte attaccamento emotivo. Tendenzialmente instaura un rapporto di dipendenza con le vittime manipolando le loro emozioni.

D’altro canto, troviamo il “pedofilo regressivo”, che pur avendo inizialmente raggiunto un normale sviluppo psicosessuale e con piena capacità di formare relazioni mature, subisce una regressione in seguito ad eventi frustranti o traumatici. Tale processo di regressione lo porta a ripiegarsi sui minori, trasferendo su di essi i propri bisogni emotivi e sessuali insoddisfatti.

In entrambi i casi, i minori, vittime di abusi da parte di “pedofili fissati” tendono ad essere estranei o semplici conoscenti, mentre quelli vittimizzati dai “pedofili regrediti” sono spesso familiari o amici stretti del pedofilo stesso.

Il tema della pedofilia, argomento estremamente delicato e complesso, viene affrontato da vari punti di vista psicologici e sociali. La classificazione proposta da Marcello Cesa-Bianchi ed Eugenia Scabini nel 1991, successivamente ampliata da Richard Lanyon nel 1992, rappresenta il tentativo di comprensione non solo delle diverse motivazioni ma anche delle dinamiche sottese ai comportamenti di chi commette il reato di pedofilia.

Emerge così lo studio dei comportamenti pedofilici che delinea due principali categorie psicologiche. Nella prima, rientrano gli individui che, tramite meccanismi di adescamento e seduzione, stabiliscono una connessione con i bambini ricercando nei minori, partner emotivamente meno critici. Si aggiungono a questi, anche persone con un “orientatio sexualis normalis” e che, in situazioni di stress o crisi, ricorrono a comportamenti sessuali inappropriati, eventualmente influenzati da sostanze come alcol o droghe. La seconda categoria abbraccia coloro che utilizzano aggressione e violenza per ottenere ciò che desiderano, integrando la violenza sessuale in un quadro antisociale che riflette il bisogno profondo di dominanza.

Lanyon propose ancora, una tassonomia molto più specifica, suddividendo i pedofili in due sottogruppi: preferenziali e situazionali.

I “pedofili preferenziali”, spesso appartenenti a ceti sociali elevati, provano attrazione per bambini prevalentemente di sesso maschile, principalmente a causa delle violenze subite durante l’infanzia. Questi soggetti, che mantengono fantasie parafiliche robuste e permanenti, iniziano l’atto predatorio durante la prima adolescenza, senza provare sensi di colpa né dubbi sulla legittimità delle proprie azioni. In alcuni casi, presentano anche tratti psicopatici.

All’interno di questa categoria, emerge un altro profilo, quello del “pedofilo introverso”, caratterizzato da tendenze esibizioniste e difficoltà relazionali, ma teoricamente recuperabile attraverso interventi terapeutici mirati. Contrapponendosi a questo vi è poi, il “pedofilo sadico”, la figura più pericolosa ed aggressiva, l’incarnazione del male più puro, il burattinaio dell’orrore, il maestro della manipolazione che si nutre della paura e della sofferenza altrui. Ha un comportamento compulsivo spesso risultato di traumi infantili e ottiene il piacere sessuale infliggendo dolore, parallelo al sadismo tradizionalmente inteso nel contesto sessuale.

Infine, troviamo il “pedofilo seduttivo”, il quale, attraverso la seduzione utilizzata per attirare e manipolare la vittima, offre attenzione e affetto, pur senza manifestare comportamenti violenti. Ciò nonostante, è capace di minacciare, sebbene senza reali intenzioni malevole, qualora le sue azioni dovessero essere scoperte.

In ambito criminologico, la comprensione della pedofilia richiede un’analisi approfondita dei profili psicologici degli individui coinvolti, i quali possono essere suddivisi in diverse categorie basate sulle peculiarità comportamentali e motivazionali personali, categorie che non solo riflettono la complessità della psiche umana, ma anche delle dinamiche sociali e delle implicazioni criminologiche legate ai comportamenti sessuali devianti.

Un primo profilo significativo è quello degli individui con immaturità affettiva, spesso in conflitto con le loro stesse pulsioni. Noti come “situazionali repressi”, presentano una scarsa autostima e conflitti interiori che li portano a sviluppare un comportamento pedofilico come risposta a traumi non risolti

Altro gruppo è composto dagli “inadeguati asociali”, caratterizzati da una profonda confusione tra amorevolezza e desiderio erotico sono alla ricerca di approvazione o affetto da parte dei minori, confondendo tali sentimenti con impulsi sessuali.

Diametralmente opposto è il profilo del “pedofilo maligno”, il quale presenta una forma di perversione molto più stabile e grave, caratterizzata da una maggiore predisposizione al sadismo e alla violenza con una consolidata caratterizzazione della loro deviabilità, spesso attuano comportamenti di dominio e controllo sulle loro vittime. Qui, non si limitano alla sola soddisfazione sessuale ma i loro atti possono evolvere in forme estremamente violente e brutali.

Riconoscere che la pedofilia non è un fenomeno fermo è cruciale poichè non esiste un unico profilo psicologico che possa spiegare tutte le variabili in gioco. La pedofilia infatti, è un sintomo di disordini più complessi, in cui la psiche dell’individuo è intrinsecamente legata a fattori socio-culturali, esperienze di vita e dinamiche relazionali.

Il gruppo dei “pedofili situazionali”, si contraddistingue per una consapevolezza tardiva dei propri impulsi sessuali nei confronti dei bambini. Spesso afflitti da un profondo senso di colpa e disagio rispetto al loro comportamento, non riescono a resistere alle proprie pulsioni.

Attraverso questa attenta analisi, abbiamo intravisto un panorama complesso dove le pulsioni sessuali deviate si intersecano perfettamente con traumi dell’infanzia, bisogni affettivi insoddisfatti e pulsioni distruttive.

Tuttavia la pedofilia rimane un enigma misterioso che sfugge ad ogni spiegazione razionale ricordando la fragilità dell’animo umano e la necessità di proteggere i più deboli.

Nicoletta Covalea

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