I porci godono della melma più che dell’acqua pura

I porci godono della melma più che dell’acqua pura

INTRODUZIONE: Frammento n.13 dello scritto sulla natura d’Eraclito. Da qui possiamo principiare, la prima parte, dell’analisi d’uno dei pensatori maggiormente influenti e discussi (nel corso dei secoli) dell’antica Grecia; il quel fornirà ispirazione ad alcuni dei filosofi più prestigiosi dell’Ottocento, tra cui Hegel che l’ho etichetterà come il più grande pensatore della filosofia antica: – Il vero è l’intero -, dirà il filosofo ispirandosi a un aforisma d’Eraclito.

Eraclito d’Efeso, vissuto indicativamente tra il V e VI secolo a.C., considerato dagli studiosi moderni il più grande filosofo presocratico; il quale fu caratterizzato dall’ambiguità della sua personalità, facilmente intuibile dall’oscuro, ma interpretabile, frammento che conferisce titolo a quest’articolo.

Nonostante le esigue e frammentarie informazioni preservate fino a oggi, comprovate risultano quelle inerenti al suo carattere: il quale lo conduceva spesso a perire sotto la propria ira, diffidenza e scetticismo nei confronti del popolo; da lui ampiamente additato come inetto. Difatti, nonostante fosse figlio di una città popolata da commercianti, come la maggior parte delle città presenti sulla costa della Ionia (attuale Turchia), presunto luogo d’origine della filosofia; la sua mentalità possedeva una linea di pensiero similare alla fascia aristocratica (dalla quale gli studiosi deducano che provenga), ossia caratterizzata dall’idea che pochi “prescelti” potessero accedere alla porta del sapere, costringendo il volgo all’eterna ignoranza, sguarnito della possibilità di migliorare tale stato mentale.

Dalla base di questo pensiero, incrementato dall’enigmaticità e oscurità, volontaria, dei suoi scritti; i quali portarono un pensatore del calibro di Socrate a dichiarare – ciò che si comprende è eccezionale, per cui desumo che anche il resto lo sia, ma per giungere al fondo di questa parte bisognerebbe essere un tuffatore di Delo -, Eraclito ottenne l’appellativo l’Oscuro. Tale denominazione prende piede già nei primi aforismi della sua opera, nella quale spiegherà la suddivisione delle persone nel mondo: Dormienti, ossia la maggior parte della popolazione, la quale vive e vivrà la propria esistenza nell’incapacità d’osservare, comprendere e interrogarsi sui misteri che attorniano la natura, soffermandosi soltanto su ciò che giunge alle proprie orecchie senza avvalersi degli altri sensi per poter così comprendere la presunta veridicità della nozione appresa.

Affiancati a essi, il pensatore presenta i Desti, i quali antitesi dei dormienti rappresentano la minoranza che riesce, veramente! A guardarsi intorno, capaci di cogliere e contemplare le verità nascoste della physis (natura).

Il filosofo prosegue questa distinzione mostrandoci un ulteriore discrepanza tra questi gruppi, che viene a formarsi nella scelta dei modelli seguiti; difatti gli svegli (desti) ascolteranno i Veri Sapienti, uomini che come loro possiedono la risonanza per poter percepire la natura, e grazie al supporto di essi acumineranno la loro vista. I Dormienti invece tessono le lodi d’impostori, ingannatori. Falsi Sapienti: ossia individui che proseguono la loro strada a occhi chiusi, gettando fandonie, raccolte da coloro che dormono, i quali, sprovvisti di conoscenza magnificheranno. Riflesso di ciò è la religione, prosegue a dichiarare Eraclito, – I dormienti venerano delle statue, senza comprendere che non esiste nulla oltre quell’ammasso di marmo -, da tale affermazione comprendiamo facilmente come il filosofo attaccasse senza riserbo le divinità Greche; da lui considerate semplici storielle unicamente credibili dai dormienti, ennesima prova dell’ignoranza del volgo.

Lorenzo Forciniti

Redazione

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