Il medio oriente in fiamme

Il medio oriente in fiamme
sun bleached world map featuring the Middle East

Di Raffaele Gaggioli

Da più di un anno, l’attenzione della comunità internazionale è perlopiù rivolta al conflitto in Medio Oriente tra Israele e vari gruppi terroristici alleati con l’Iran. Il rischio di un’escalation nel conflitto sembra infatti aumentare ogni giorno di più, mentre Tel Aviv continua a rifiutare qualsiasi possibile soluzione diplomatica per ottenere un cessate il fuoco.

Attualmente le forze armate israeliane stanno combattendo nella Striscia di Gaza, controllata da Hamas, e nel sud del Libano, controllato da Hezbollah. Entrambi i gruppi terroristici sono responsabili per diversi attacchi contro Israele, incluso il violento pogrom dello scorso 7 ottobre, e hanno più volte invocato la distruzione dello Stato ebraico.

Il principale scopo della guerra in Gaza è liberare i 101 ostaggi israeliani in mano ad Hamas (di cui appena la metà sarebbe ancora in vita), mentre l’invasione del Libano mira a respingere Hezbollah al di là del fiume libanese Litani.

Oltre al conflitto diretto, Israele è coinvolto anche in una guerra a distanza con gli Huthi, gruppo fondamentalista attivo in Yemen, e con la stessa Repubblica Islamica d’Iran. Per ora Tel Aviv non sta progettando di invadere i due paesi nemici, ma si limita a colpire le loro infrastrutture militari con i suoi missili.

Non è chiaro quali siano gli effettivi obbiettivi militari di Israele, a causa delle divisioni interne del suo governo. Il ministro della Difesa Yoav Gallant è a favore sia di un cessate il fuoco in Gaza per liberare gli ostaggi, sia di limitare le operazioni militari israeliane solo al sud del Libano.

Al contrario, il ministro della sicurezza nazionale Ben Gvir sostiene che Israele dovrebbe usare il conflitto per espandere i suoi confini. Oltre ad annettere le regioni palestinesi di Gaza e Cisgiordania, anche il sud del Libano dovrebbe essere occupato indefinitamente per permettere l’arrivo di coloni israeliani nell’area.

Il primo ministro Netanyahu sembra più disposto verso quest’ultima strategia, in quanto gli consentirebbe di rinviare le elezioni il più possibile e di recuperare punti nei sondaggi. Inoltre l’escalation del conflitto potrebbe permettere finalmente al leader israeliano di attaccare direttamente anche le infrastrutture iraniane, in particolar modo i centri per l’estrazione del petrolio o relativi al progetto nucleare di Teheran.

Le divisioni interne del governo israeliano stanno così danneggiando il suo stesso sforzo bellico. Il Gabinetto di Sicurezza non ha ancora deciso come reagire all’attacco missilistico iraniano della settimana scorsa, anche se girano voci che Teheran sia stata colpita da un imponente attacco informatico.

Nel frattempo, la comunità internazionale appare divisa relativamente agli sviluppi in Medio Oriente. La maggiore preoccupazione di Joe Biden è impedire un’escalation del conflitto poche settimane prima le elezioni presidenziali americane, ma allo stesso tempo continua a rifornire militarmente Tel Aviv.

Secondo alcune indiscrezioni, Washinton starebbe cercando di convincere Tel Aviv ad accettare un cessate il fuoco e a limitare i suoi attacchi solo contro obbiettivi militari iraniani.

Molti Paesi arabi considerano Hezbollah un nemico più pericoloso di Israele, ma temono anche di diventare vittime collaterali del conflitto tra Iran e Tel Aviv. Teheran ha infatti minacciato di distruggere i loro impianti per l’estrazione del petrolio, nel caso l’esercito israeliano decida di colpire obbiettivi militari o civili all’interno dei confini iraniani.

Con l’eccezione della Germania, buona parte dell’Unione Europea sembra voler aumentare la pressione diplomatica su Israele. L’invasione del Libano meridionale ha infatti messo in pericolo i soldati dell’Unifil (United Nations Interim Force in Lebanon), una forza militare dell’ONU con il compito di garantire la sicurezza del confine tra Israele e Libano.

Negli ultimi giorni, sono infatti aumentati gli attacchi israeliani contro le basi militari di questa missione ONU. Anche se Israele sostiene che gli attacchi siano dovuti alla presenza di Hezbollah vicino a queste installazioni, i missili israeliani si stanno abbattendo soprattutto su basi militari di Paesi noti per le loro critiche contro l’operato di Tel Aviv (in particolare l’Irlanda).

Secondo i critici, Tel Aviv starebbe cercando di costringere i soldati ad abbandonare il Libano in modo da poter condurre liberamente le operazioni militari senza alcun scrutinio da parte della comunità internazionale.

Molti governi europei temono inoltre che un’escalation nel conflitto potrebbe causare ulteriori attacchi terroristici in Europa, un aumento del prezzo del petrolio e l’arrivo di altri rifugiati. Per questo motivo, Spagna e Francia sostengono che sia necessario sospendere i rifornimenti militari ad Israele e insistono sulla necessità di un cessate il fuoco.

Queste azioni diplomatiche non sembrano per ora aver ottenuto alcun effetto. Israele sarebbe infatti pronto ad invocare la risoluzione 1559 delle Nazioni Unite, ossia il totale disarmo di tutte le milizie armate presenti in Libano. È altamente improbabile che Hezbollah accetterà questa richiesta, il che rende una continuazione della guerra in Libano quasi inevitabile.

Raffaele Gaggioli

Redazione

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