Genocidio in Palestina: un conflitto senza fine?

Genocidio in Palestina: un conflitto senza fine?

Oltre un anno di conflitto e decine di migliaia di vittime. Mentre le tensioni radicate nella storia alimentano una violenza incessante, il mondo si interroga sulla definizione di “genocidio” e sul fallimento della diplomazia per fermare l’orrore in Palestina.

Il 7 ottobre 2023, l’attacco delle milizie di Hamas contro Israele ha segnato l’inizio di un’escalation drammatica: devastazione e un numero elevatissimo di vittime.

Le origini del conflitto

Le tensioni che hanno causato il conflitto affondano le loro radici in decenni di contrasti e guerre, iniziati con la creazione dello Stato d’Israele nel 1948 e proseguiti con la guerra dei Sei Giorni del 1967. Alla base vi è anche una disputa territoriale, che ha visto Palestina e Israele contendersi terre che entrambi i popoli considerano proprie. La situazione si è ulteriormente complicata con l’occupazione israeliana dei Territori palestinesi, che ha generato scontri e tensioni, culminando in guerre che hanno coinvolto anche altre nazioni della regione.

Perché questo orrore non viene considerato come genocidio?

Oltre un anno di conflitto ha causato decine di migliaia di morti, ma, tuttavia, quando si parla di “genocidio” si alza una barriera che impedisce di etichettare la situazione con questo termine. L’ostacolo è puramente ideologico, poiché il termine “genocidio” viene comunemente associato allo sterminio del popolo ebraico, considerato un orrore unico e irripetibile, sebbene le vite perse e la distruzione in Palestina siano una realtà tangibile che ci ricorda ogni giorno come la storia racconti, ma non insegni.

Il fallimento della diplomazia

Mentre si discute su quali parole utilizzare per classificare questo conflitto, vi è un altro quesito sicuramente più urgente, che tutti ci siamo posti: cosa si sta facendo per fermare la violenza? Il 26 gennaio, la Corte Internazionale di Giustizia ha chiesto a Israele di attuare tutte le misure in suo potere per prevenire atti di genocidio e per garantire gli aiuti umanitari. Il 14 giugno, poi, il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha approvato il piano statunitense per Gaza, articolato in tre fasi: cessate il fuoco con rilascio degli ostaggi palestinesi, ritiro degli israeliani e piano di ricostruzione della Striscia.

Hamas ha accolto con favore la risoluzione che appoggia il piano, ma le trattative non hanno tuttavia dato esito. Ad oggi, si attende ancora una tregua sulla quale costruire una pace giusta e duratura.

 

Hedelise Morace

Redazione Radici

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