Lo zar Putin e l’imperatore Xi Jinping
di Raffaele Gaggioli
All’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, molti politici e analisti occidentali speravano che le sanzioni e l’isolamento diplomatico avrebbero velocemente indebolito lo sforzo bellico del Cremlino. Tuttavia, dopo due anni di guerra sembra che Putin abbia trovato altri alleati su cui fare affidamento.
Il più importante di questi alleati è ovviamente la Cina. La cooperazione politica ed economica tra Mosca e Pechino era in realtà iniziata già prima dello scoppio del conflitto in Ucraina, ma nell’ultimo anno la Cina sembra aver abbandonato qualsiasi sembianza di neutralità.
Secondo il governo americano, le industrie e le banche cinesi stanno oramai sostenendo apertamente lo sforzo bellico russo. In cambio di gas e petrolio, la Russia sta ottenendo da Pechino merci e apparati tecnologici militari che non può più ricevere dall’Occidente a causa delle sanzioni.
Allo stesso tempo, la Cina sembra star cercando di indebolire indirettamente lo sforzo bellico ucraino. Il 1° settembre, Pechino ha infatti approvato una serie di leggi che limitano l’esportazione all’estero di componenti tecnologiche necessarie per il funzionamento dei droni militari.
In realtà, queste nuove norme colpiscono in maniera sproporzionata le forze armate ucraine rispetto a quelle russe. Non c’è stato alcuna variazione negli scambi commerciali tra Mosca e Pechino, mentre Kiev si è ritrovata improvvisamente a corto di droni con cui difendere i suoi territori e attaccare quelli russi.
La Cina non è l’unico Paese asiatico disposto a sostenere il Cremlino. Recenti immagini satellitari hanno dimostrato che la Corea del Nord sta inviando i suoi soldati a combattere in Ucraina al fianco dei russi.
Pyongyang spera che questa guerra porrà fine al suo isolamento diplomatico, fornendogli un ulteriore protettore oltre alla Cina, e gli permetterà allo stesso tempo di dimostrare che le sue forze armate non devono essere sottovalutate. Nonostante la Corea del Sud abbia denunciato questo dispiegamento di forze come una pericolosa escalation, il regime nordcoreano non sembra essere intimorito.
Lo sforzo bellico russo sta anche indirettamente influenzando la guerra in Medio Oriente, in quanto il Cremlino intrattiene tuttora numerosi legami politici ed economici con l’Iran e i suoi vari alleati sparsi per il mondo arabo.
Dopo la Cina, Teheran è la principale fornitrice di droni militari per le forze armate russe in quanto sta utilizzando il conflitto in Ucraina come banco di prova per i suoi nuovi modelli. Grazie ai dati forniti dal Cremlino, il governo iraniano sa quali modifiche apportare ai suoi mezzi per renderli più effettivi contro Israele.
Lo scambio di informazioni sembra in effetti essere la principale carta di scambio tra Teheran e Mosca. Secondo alcuni analisti, i satelliti russi stanno fornendo agli Huthi e ad altri gruppi paramilitari filo-iraniani le coordinate necessarie per colpire gli obbiettivi militari israeliani.
Oltre ad ottenere rifornimenti militari ed altri pezzi di ricambio, la Russia sta assistendo lo sforzo bellico iraniano anche nella speranza di distrarre gli Stati Uniti dalla guerra in Ucraina. Più la situazione in Medio Oriente diventa instabile, più Washington è costretto a divergere risorse e aiuti militari da Kiev in favore di Tel Aviv.
Questi sviluppi non solo hanno posto fine a qualsiasi speranza di poter isolare Mosca a livello internazionale, ma potrebbero preannunciare la nascita di una nuova alleanza politica internazionale contrapposta all’Occidente come dimostrato dal recente summit dei BRICS in Russia.
Se fino poco tempo fa la sigla indicava solo cinque Stati membri (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa), nell’ultimo anno questo raggruppamento si è notevolmente espanso grazie agli sforzi di Pechino. Il gruppo include ora anche Paesi come Emirati Arabi Uniti, Iran, Egitto e Arabia Saudita, mentre le varie candidature sembrano costantemente aumentare di numero (inclusa la Turchia, Stato membro della NATO).
Il presidente cinese Xi Jinping ambisce apertamente a creare un blocco economico e politico alternativo agli Stati Uniti e ai suoi alleati, in quanto i BRICS oramai includono il 41% della popolazione mondiale e il 37% del Pil globale.
Pechino ha addirittura proposto la creazione di una valuta monetaria diversa dal dollaro: la R5, nome basato sulle iniziali delle cinque valute che la compongono (real brasiliano, rublo russo, rupia indiana, renminbi cinese e rand sudafricano). Secondo i piani della Cina, questa nuova moneta faciliterà gli scambi commerciali tra i vari membri dei BRICS, indebolendo così il valore del dollaro.
La Russia ha quindi un ruolo di primo piano per le ambizioni cinesi. L’accesso alle sue risorse naturali rafforzerebbe le industrie cinesi rispetto a quelle americane e europee, mentre il conflitto in Ucraina permetterebbe Pechino di adeguare le sue strategie alle difese della NATO qualora la potenza comunista decidesse di invadere Taiwan.
Le ambizioni di Putin quindi non fanno altro che aumentare quelle della sua controparte cinese e viceversa.
Raffaele Gaggioli
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