Memorie
La memoria fa ritorno a taccuini di nero macchiati. Solo un passo…
Determinativi che sembrano indicare luoghi o funzioni. Così, non abbiamo definizioni che spieghino cosa siano gli Dei, cosa è l’essere uomo, cosa sia l’essenza. Non sappiamo nulla della materia.
Saul potrebbe essere il nome attribuito, rielaborato sulla scia mosaica, a nuova storia artatamente creata, modellata sull’impasto di una creatura antica, un modello, un topos, digerito e deiettato a beneficio di istituito e organizzato controllo… si direbbe impropriamente… mentale. Una falsa verità che strappa furtivamente passati coinvolgimenti, calzando (solo) ciò che può esser (e risulta) efficace, escludendo a priori possibili lacune di autenticità storica. La folgorazione appare in rima al cosiddetto roveto. Risulta chiaro: se ha funzionato, funzionerà.
« […] Se dovessimo riscontrare difficoltà iniziali, insistiamo. E insisteremo […] »,
par sentir tuonare una voce.
« […] Non chiediamo, dichiariamo […] ».
Alcuni sostengono che nessuno sa e nessuno saprà mai. Tendo a pensare che chi sa (se sa) non dice, e come l’alchimista tramuta silenzio in oro, non foss’altro per rischio e stupidità dell’uomo, che ben si gongola in tempi a lui più utili. Ma non ho alcuna certezza. Il dubbio tange sul pensar l’origine del cosiddetto marketing (in antica forma), e ciò risponderebbe all’aspetto di condizionanti psicosi, elaborate individualmente sulle proposte elaborate, confezionate e imposte a danno di inesistenti bisogni creati e generati.
L’anima del commercio è sempre un male tra i molti, forgia i nessuno che si credono poi qualcuno. Allo specchio non si vedon più tali, indossando nuovi abiti che sui primi non hanno alcun valore, ma ai quali possiamo attribuire tutto. Questo si fa, intrisi del nocivo. L’innesco del torpore psichico muove l’uomo alla convivenza del reale costruito. L’egolatra sarà così sedotto (anche nell’immediato temporaneo nelle fasi di pensiero) e si cullerà nel fantasioso mondo delle possibilità, alle volte mancando (a discapito) il cuore della questione.
Ricordiamo ora un’altra amenità: tutto il mal non vien per nuocere. Se preso a piccole dosi non v’è da temer danno. Un malum al giorno…
Se Assman considera il monoteismo radice di tutte le violenze, o non vien fatta luce su prototempi antichi, o il sottoconcetto del vocabolo violenza va indagato e rivisto. Se è la verità a esser cruda e violenta, unica vera forma poiché non ha ombre ne è ascosa, il vero autentico vivere è crudeltà non dannosa e vincente, totale consapevolezza esistentiva. L’uomo nutre il formante chaos. Se intendiamo potere, dominio, il monoteismo avalla violenza avvallando (la discesa dal monte). Il problema solleva questione legata a verità e fedeltà. Il patto. Mi concentro sulla critica, seppur ritengo sia bene precisare in ragion di enoteismo e monolatrismo. Se tra molte cosiddette divinità scelgo un solo comandante, posso passare la vita a chiedermi cosa sia la verità ma a credere (forse a mio danno) fedelmente. Una fedele umanità. Eccoci dunque. Comprendo bene il sentir le forme in questo ceduo. D’altronde è il taglio che da forza e vigore. Non vado menando il can per l’aia, indi interrompo l’aprirsi di argomentazione relativa a tempi e organizzazione sull’intesa di chi non è umanità.
Arrivar al nocciolo senza inzuccherar la pillola può incontrar chi non partecipa di digeribilità. Dunque non calco, non essendo nemmeno ospite d’invito. Da par mio v’era da aspettarselo. Se poi integralismo è frutto dell’uomo, e uomo sono tutti, integralisti sono tutti. Si dovrebbe quindi discutere di un sistema unitario, un integrale, un’eredità (forse) acquisita da un dissidente egizio dai più nomi. Mi debbo pungolare al: sì pensar, ma osservare possibili topos senza totale immersione, non sapendo. Mai si spiega perché dover accettare l’illusione di un poter esercitato da chi poteri non ha, ma si auto incarica per hybris. Color che tutto non vedono eseguono per spinta pulsiva partecipante di forme cellulari non ben formate? E sia. Procediamo ben saldi sulle rovine dell’inteso fantasma, dell’abbaglio di religioni e politica, ispirazioni, ideali, supremazia, utilità culturali. Frizioniamoci (almeno qui) dell’unguento per mimesi desiderato, attendendo d’esser colti da pusillanimità cullante, che ben aiuta i più a ridere soffocati di liquidità.
Sui ragionamenti poi, sorvolando sulle probabilità induttive tanto care ai maestri di “giustizia” che paion gareggiar per primeggiare sul podio comune ai molti di intenzionale ottusità, la deduzione è un aspetto soltanto pratico che favorisce la soddisfazione di chi cerca un risultato calzante aspetto socialmente utile.
La logica è il processo che sul razionalismo socratico ha stravolto il mondo iniettando una filosofica christian science senza antidoto che muove il burattino liquido a creder di pensare ragionevolmente per ragionevolezza.
Tal Socrate, sempre sia esistito.
L’ebraico rah ricorda il male naturale, l’avversità e l’afflizione. Riporta alla conseguenza di azioni. Sarà il caso di non entrare troppo nell’engagé di chi professa solidi costrutti speculativi e ne fa ideologici modelli dogmatici. Se è ognuno (almeno) padrone del proprio tempo, dedicheremo il nostro a onesta indagine sulla certezza che la verità non rende liberi ma inchioda. Pregherei il mio dire di non sprecare il tempo sulle dissertazioni nate a motivo dell’Unde Malum? e vie di perdizione che distrattamente arano con estrema fragilità un terreno sin troppo tiglioso, ove natura sperimentale pare sia abbacinante per naturato e naturante.
Iniziando con un solo passo, rompo la mia promessa poiché si rende d’obbligo un secondo… ma questo, si vedrà, preme su territorio non lontano al precedente. Non mi sono dato spinta per allontanarmi abbandonando il sancta sanctorum…
I rintocchi della campana mi riportano il suono del campanello pavloviano. Ecco il richiamo al macabro strumento di sofferenza, dolore, tortura, morte, pena, che vi si trova in cima ad altri oggetti, in ogni dove. E così pure si è richiamati da ogni nuovo adhān alla forma di abitudine appresa che muove un riflesso artificiosamente naturalizzato. Il condizionamento rende cavie mandrie che si convincono di usare credenza e fede in oggettificazione, simboli, esperienze, attaccamento a manifestazioni che per riflesso mentalizzano epigoni. A chi saliva, tanto basta.
Nuovo dilemma: un gravoso macigno contrasta la mia avanzata. V’è più l’intenzion di camminar pegli stupidi, etimologicamente scrivendo, che allontanarsi nel deserto. Se sia davvero utile alle masse conoscere al fine ciò che per Spinoza si debba non ridere, non lungere neque detestari sed intelligere, non sappiamo.
Se il dilagar continuo di nuova pubblicità attrae sulle disperazioni adepti al fine di gordare linfe che si promuovono contro Stato, politica, inganno, supremazia, cupidigia, avarizia, poteri, tassazione, non sappiamo.
«Quando gli Dei non c’erano più e Cristo non ancora, tra Cicerone e Marco Aurelio, c’è stato un momento unico in cui è esistito l’uomo, solo».
Qualcuno deve aver pur scritto prima questa riflessione. Forse là avremmo potuto trovare l’ultimo uomo?
Ma è già ora di riveder la nebbia. Questioni d’altri, seppur interessanti, mi ingannano intensamente, sempre più terribilmente, a motivo del mio cammino.
«Oh uomo, se tu credi, ti fidi, ami e hai, dal tuo carico libero ancora non sei».
Abbiamo molto ancora. La nebbia è fitta, ma intravediamo lupanari e postriboli, i templi di burocrati, intellettuali e religiosi. Questo luogo ci protegge dallo sdilinquimento che rende ridicoli.
Dunque hybris? Fissiamo lo sguardo perduto della maschera disintegrata del narcisista perverso. Ricordiamo. Avanziamo oltre, offrendo unica donaria alla ricerca.
PsykoSapiens, counselor psicosociale